Prima Regata: terzi e felici (Bolina n. 244 pag 96)
Sono le 23,00. Sazi ed un po’ nervosi ci alziamo da tavola dopo l’ottima cena divorata al ristorante del circolo, in un contesto a noi poco famigliare. E’ la prima regata, non conosciamo nessuno ma abbiamo la sensazione di giocare a carte scoperte, qui, non ci sono segreti.. Siamo in quattro, Davide, Francesco, Gianfranco ed io ed abbiamo una voglia matta di attraversare questo 41° parallelo! Nel corso della cena si é anche avvicinato Giacomo in cerca di un imbarco ma mentre gli spiegavamo, enfatizzando, le caratteristiche della nostra imbarcazione da battaglia abbiamo visto il suo entusiasmo scemare vistosamente. Perché noi siamo quelli di Prydwen, quelli dello Ziggurat comprato lo scorso anno, siamo i veri outsiders di questa regata, in fondo il nostro sogno è solo quello di non arrivare ultimi. Velocemente arriva mezzanotte, i pochi coraggiosi ospiti della barca-giuria ci illuminano con i loro flash (un bacio particolare va a MariaPia ed alla piccola Alice), non siamo molte barche ma la partenza è seria e tutto sommato tra mille emozioni ci infiliamo e partiamo dignitosamente. E lì, seri e concentrati sull’onda di una quanto mai precoce soddisfazione sbagliamo clamorosamente la scelta della vela! Issiamo un simpatico Gennaker, gentilmente prestatoci da un amico, ed in men che non si dica ci troviamo in coda al gruppo. Caspita che strateghi del mare! L’importante è non fasciarsi la testa ma continuare a rompersela, quindi velocemente, si fa per dire, giù il gennaker su lo Spi leggero. C’è da dire che il nostro Spinnaker offerto in dotazione all’atto dell’acquisto di Prydwen data con orgoglio 1967! Eppure in pochi minuti salutiamo il 44′ che ci precede…non ci raggiungerà più. Il vento è leggerissimo e la notte è calda e senza luna, in compenso le stelle poggiate su un puntaspilli chiamato cielo ci offrono uno spettacolo mozzafiato. A circa un miglio scarso scorgiamo le luci delle altre barche, qualcuno già non lo vediamo più ma si sta alzando un po’ di foschia e poco prima dell’alba un cielo leggermente ovattato inghiotte tutte le imbarcazioni. Il vento di par suo piano piano ci abbandona, ogni tanto un’increspatura sul mare…un alito…ma che fatica andare avanti! Il nostro inseguitore è sempre più lontano o quantomeno sempre lì mentre spunta improvvisa a dritta un’altra barca che troppo dovrà risalire prima di provare a raggiungerci. Nel corso della lunga attesa che, ancora ignari, ci aspetterà la perderemo. Siamo in attesa del levante che, notoriamente, a Ponza allieta le notti di chi dorme in rada ma, stavolta, invocato a gran voce decide di non affacciarsi. E lentamente un dubbio inizia ad insinuarsi nelle nostre menti, Ponza è lì, la si potrebbe quasi toccare, ma mancano ancora 8 miglia e siamo immobili. Il sole è ormai alto, fa caldissimo. Qualche gamberetto nuota vigorosamente, ed è incredibile: va più veloce di noi! Ed il bello è che siamo soli, intorno a noi non c’è nessuno, ma dove sono tutti, possibile che siano già sulla via del ritorno? Impossibile, durante la lunga attesa abbiamo attentamente scrutato con il binocolo ogni via di fuga e nessuno ha doppiato l’isola, quindi ognuno di noi è impantanato nel proprio brodo. Verso le tre del pomeriggio, ormai “scotti” dal sole e con un aspetto da simil naufrago abbiamo una visione: sentiamo salire il Maestrale. Non ci sembra neanche vero ed in fretta e furia torniamo nuovamente operativi. Ecco il faro della Guardia, ci siamo finalmente. E’ l’ora di doppiare l’isola! Si avvicina anche l’imbarcazione della Guardia di Finanza, con su un’equipe medica a nostra tutela, del tutto inaspettatamente ci comunica, via megafono, che siamo terzi ed i primi due ci hanno distaccati di un’ora e mezza. Quasi non crediamo alle nostre orecchie ed in preda ad una frenesia competitiva, sin qui sopita, doppiamo Ponza in meno di mezz’ora e dopo Gavi siamo pronti per la corsa verso casa. Il Maestrale rinforza, la bolina è la nostra andatura preferita ed il GPS stima un tempo di arrivo a destinazione che ci fa sognare. Gianfranco, il nostro tattico navigato e scaramantico, ci ammonisce a non illuderci ma noi niente giù a far conti su improbabili tempi compensati. E proprio mentre volavamo sulle ali dell’immaginazione più sfrenata, tra coppe, applausi, cori e standing ovations (oggi molto in voga) il vento ci molla ancora. Porca miseria, il GPS ora stima l’arrivo oltre il tempo massimo ed è come se una mannaia si fosse abbattuta sul nostro morale. C’è chi pensa al ritiro, c’è chi pensa che la parola ritiro non esista…c’è chi non pensa. Poi all’improvviso ecco il ritorno del maestrale, ci svegliamo, beviamo le ultime gocce di caffè, mangiamo le ultime barrette di cioccolata Fa freddo stanotte, ma ce la faremo. Arriviamo al traguardo alle 3.28 di domenica mattina, i primi due sono arrivati verso le 22.00 ma combattevano tra loro nella classe “regata”. E pensare che nel nostro momento migliore il tempo di arrivo era previsto per mezzanotte e mezza! Siamo felici ci abbracciamo, siamo terzi assoluti e primi di classe, è la nostra prima regata ed anche la prima regata di Prydwen a 25 anni dal varo. Però!